Per tanti, nel casertano e nel mondo, dire Alois equivale a dire “i tessuti di San Leucio”, la real colonia che racconta la storia della più importante manifattura tessile della Campania e dell’esperimento sociale voluto da Re Ferdinando IV.
Il complesso monumentale del Belvedere di San Leucio è stato infatti il sogno utopico del Re per dar vita alla sua Ferdinandopoli, un borgo ideale dove dare esecuzione a un modello di giustizia e di equità sociale nuovo per le nazioni del XVIII secolo, ispirato a una forma di socialismo illuminato.
Re Ferdinando decise di fondare in quel luogo, una colonia modello da esportare poi in tutto il regno, fatta di persone felici, intorno alla quale la comunità si autogestiva, producendo stoffe pregiate.
Il filo della seta s’intreccia con il vino proprio a San Leucio dove i Borbone realizzarono la sperimentale vigna del ventaglio, un semicerchio diviso in dieci raggi per dieci viti di diversa specie, le più pregiate del Regno. Tra queste, Ferdinando IV volle l’uva pallarella, (così chiamata per la sfericità degli acini), nei suoi biotipi rosso e bianco, l’unica italiana per cui nutriva una vera e propria venerazione.
Ma, nel primo Novecento di quest’uva si sono perse le tracce, per poi tornare in auge qualche anno fa, riscoperta, rilanciata e inserita, nel 2002, nel disciplinare IGT Terre del Volturno, denominazione distribuita tra un’ottantina di comuni, dislocati in una fascia molto estesa, che attraversa la provincia di Caserta dalle propaggini dell’Appennino Molisano (a nord-est) al litorale tirrenico (a sud-ovest).
Nello specifico, l’area di coltivazione dei due pallagrello, ricade nella provincia di Caserta, nella zona di Castel Campagnano, Caiazzo, Castel di Sasso, Pontelatone, Piedimonte e Alife.
Trait d’union che unisce seta e vino, è sicuramente la dedizione per il territorio della famiglia Alois, che, a Pontelatone, alle pendici dei Monti Caiatini, in una casa rurale borbonica, ha investito nella produzione vitivinicola valorizzando i vitigni autoctoni, casavecchia e pallagrello.
Il perfetto connubio tra tradizione e innovazione è ciò che caratterizza l’azienda Alois che, ad oggi, è divenuta un vero e proprio punto di riferimento in tutto il panorama dell’alta Campania.
Il luogo è ricco di suggestione e possiede un fascino segreto, i ritmi di vita scorrono lenti e il verde è più verde, le sfumature sono infinite e i colli sono intessuti di piccolissime vigne come preziosi merletti. Viene voglia di perdersi ma in realtà si è circondati da amici con cui Massimo Alois e la moglie Talita De Rosa si confrontano e dai confronti scaturiscono le idee, sinergie e progetti che fanno crescere l’azienda e stimolano il territorio ancora fermo. Lavoro di grande interesse è infatti quello avviato con il professor Maurizio Boselli, ordinario di viticoltura all’Università di Verona e gli agronomi Giovanni Piccirillo e Alessandro Fiorillo. Il progetto si basa sullo studio genotipo-ambiente con lo scopo di individuare le caratteristiche principali dei diversi tipi di suolo (ne sono stati raccolti mediante carotaggi oltre 30) e di conseguenza i siti produttivi più vocati nell’areale del casavecchia e pallagrello. L’intuizione vincente è quindi quella di recuperare la tradizione, reinterpretandola in chiave contemporanea, attraverso la sperimentazione e lo studio continuo, sia in campo agronomico che enologico.
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